Non è vero ma ci credo

Non è vero ma ci credo, l’esilarante superstizione di Gervasio Savastano

Non è vero ma ci credoIl commendatore Gervasio Savastano, interpretato da uno straordinario Sebastiano Lo Monaco, ha aperto la stagione teatrale 2014 al Teatro del Mela. Un inizio positivo che sembra promettere bene per il pubblico dell’Auditorium, che si prepara a seguire il resto degli spettacoli sotto l’egida del direttore artistico Ninni Bruschetta. Il tema della superstizione viene immediatamente introdotto grazie alla forte gestualità del personaggio di Gervasio. Le movenze e le espressioni facciali coinvolgono lo spettatore fin dal primo momento, palesando l’eccessivo senso scaramantico del protagonista. Un’atmosfera che si respira anche quando si viene introdotti nel secondo scenario, quella dell’abitazione dei Savastano.

La domestica dal forte accento napoletano che ricorda ogni consiglio del commendatore su come evitare di farsi cogliere impreparati dalla sfortuna e la rassegnazione della moglie Teresa e della figlia Rosina. Proprio la figlia dovrà fare i conti con le fisime del padre, che si adopererà in tutti modi per darla in moglie al giovane Alberto Sammaria. Quest’ultimo sembra come una benedizione per Savastano: appena assunto nell’impresa di famiglia, il nuovo arrivato sembra portare bene. Ogni oscuro presagio sembra scomparire agli occhi del commendatore. Complice anche una vistosa e provvidenziale gobba che affligge il giovane Sammaria, ma che, come credenza comune vuole, è sempre di buon augurio. E Sammaria in effetti pare avere un’aurea aria salvifica.

Ma il commendatore Savastano ignora che quel giovane è in realtà proprio la persona di cui la figlia Rosina si era innamorata e che egli stesso non riteneva all’altezza del rango della propria famiglia. Proprio a causa della sua esagerata superstizione, la moglie e la figlia si trovano costrette a mentirgli pur di arrivare a celebrare questo matrimonio con tutte le benedizioni del padre. Gervasio crede di aver deciso ancora una volta tutto e di conservare intatta la sua autorità paterna. Il culmine si raggiunge quando Sammaria svela di non avere affatto la gobba, ma di portare ugualmente fortuna. Il lieto fine dunque è assicurato, tra una risata e l’altra, per una brillante commedia scritta da Peppino De Filippo e interpretata dalla moglie stessa. Michele Mirabella nei panni di regista riesce a rendere bene il tema della superstizione ponendo l’accento su tutti i riti privilegiati dal protagonista: scansare il gatto nero, sputare tre volte a terra, evitare di incontrare quel personaggio tetro (Malvurio) che solo con la sua presenza fa scatenare un temporale.

E il regista mostra come l’essere superstiziosi non investa solo il personaggio chiave, ma influenzi anche inevitabilmente la vita di chi gli sta accanto, creando quasi un tunnel dal quale è complicato uscire senza essere provvisti di un corno rosso, come Gervasio, chiaramente insegna. Il tutto in uno spettacolo impreziosito dall’interpretazione di Lelia Mangano De Filippo, di Antonio De Rosa, già nei panni di Sammaria con De Filippo e dall’arte di improvvisare tutta italiana dei personaggi di questa commedia che continua a riscuotere successo a livello nazionale.

 

di Antonella Trifirò